E le canzoni che vorrei poter cantare
sono qui
in una trappola tra me ed il soffitto
che sa chi siamo tutti
ed io e te
il resto del mondo anche
le ciglia fragili di cristallo
lacrime salate
perchè sono tali
com'è vero il calore
ed il male, il mare
e l'eco tra me
il soffitto
e Dio
tra me
il soffitto
e te
Nel sottosuolo
della pische
del solo
essere
umani
piccoli
inutili
fragili
Ma veri, come il vento
l'eco
e Dio
ad ognuno il suo di Dio
il suo di Io
ma
le braccia aperte
lasciano sospesi
i fiati.
(suoni, suoni, suoni)
Tra me
il soffitto
e
te.
sabato 28 novembre 2009
martedì 24 novembre 2009
Morgana dei corvi e delle tempeste
La stanza è buia, non l'ha mai vista prima, ma la donna sa che è la sua stanza.
Si chiede perché indossa solo la parte sopra del pigiama... e le prude la testa. Una forte sensazione di disagio la pervade, ma lo guarda, come se fosse uno spettro, domandandosi perché lui si trovi a casa sua (perché sei qui, che cosa ci fai qui, non dovresti essere qui).
C'è un tavolo molto lungo nella sala da pranzo, non ci sono finestre, tutto è illuminato da luce artificiale, i piatti sono tanti, disordinati, sporchi. Ora la donna indossa tutto il pigiama, come soprabito una logora vestaglia e siede a capotavola: ci sono tre persone al lato sinistro del tavolo, volti completamente sconosciuti, ma lei sa di conoscerli... sa che sono suoi parenti. Lui siede al lato opposto del tavolo. "Cara, siamo passati a farti visita, vorremmo sapere come stai" dice uno degli sconosciuti parenti (perché siete qui, cosa ci fate qui, non dovreste essere qui). "Cara, vorremmo..." (basta) "sì, noi crediamo che..." (silenzio) "tu dovresti..." "Io dovrei? Voi NON dovreste trovarvi qui ora, siete un disturbo, non siete stati invitati, siete come estranei che si sono introdotti nella MIA casa, andate via, FUORI, SUBITO!!!"... la donna sembra in preda ad una crisi isterica, ansima, suda e sente crescere il disagio, la rabbia, la confusione e ancora si chiede perché mai indossa quel maledetto pigiama. E' sporco, anche la casa è sporca...
Piange. Chiude gli occhi, li riapre e si trova, coperta solo dalla vestaglia, sui gradini dell'ingresso, all'esterno della sua abitazione. Che non riconosce, ma sa essere casa sua. C'è molta gente su quei gradini (perché sono qui, cosa ci fanno qui, non dovrebbero essere qui)... la rabbia cresce ancora e trova sfogo in un urlo terribile che spaventa tutte le persone intorno " VIA, VIA DAI MIEI GRADINI, DALLA MIA CASA, DALLA MIA VITA!!!"... la donna sembra impazzita. L'uomo le si avvicina e le sussurra all'orecchio "è quello che hai voluto tu"... ad un tratto lei immagina sé stessa vecchia, molto vecchia, sola, in quella grande casa sporca e dei bambini che lanciano sassi sulle sue finestre, intonando strane filastrocche sulla sua miseria... e sulla sua solitudine. Come la signora vecchia dei ricordi di sua madre...
Chiude gli occhi per scacciare l'orrore. Li riapre. Ora è completamente nuda, nel bagno, e lui, nudo a sua volta, sta nella vasca da bagno, senz'acqua, sdraiato. "Vai via, vattene da...", ma prima che abbia il tempo di finire, si ritrovano abbracciati sul pavimento, un vecchio pavimento a scacchi bianchi e neri (è terribile questo pavimento), si baciano, mordendosi le labbra, divorandosi il viso e la pelle... si stringono... e lei vede la sua mano, con un grande orologio nero al polso che non riconosce, fare leva sul pavimento, per spingere il suo corpo contro al suo, per entrare dentro di lei... Nonostante lo desideri con tutta la sua carne, la sua mente si oppone e la costringe a spingerlo via... Lontana, in un angolo, livida di follia, vomita persino l'anima... lo guarda e gli chiede "perché sei qui?" ...
"E' per lei" " Per LEI?" " Sì, sai l'ultima" "L'ultima che?" " Sì, è nuova, non la conosci. All'inizio era un pò ribelle, ma ora è cambiata, tutte l'adorano, si è integrata bene nel gruppo, nel mio gruppo..."
Come colpita allo stomaco, nel suo sguardo non v'è più rabbia, né rancore, né orgoglio, né follia: appare la SUPPLICA. Abbracciata al piede del tavolo di quella sala senza finestre biascica "vattene via, ti prego, vattene, vattene, vattene..."
Indosso solo una logora vestaglia, sono seduta su quel pavimento a scacchi, che, non so perché, ora ospita una sorta di stanza per le pulizie. C'è una lavatrice davanti a me. E' grande. Credo di avere i capelli molto in disordine, il suo spettro se n'è andato (penso) e non oso guardarmi allo specchio. Probabilmente la mia espressione si avvicina molto a quella della Medusa di Caravaggio ed i capelli, pur non essendo serpenti, devono avere la stessa posa. Ne sono sicura. Non capisco perché mi sono così preoccupata di cose stupide come il pigiama e non ho badato al fatto che mi trovo in una casa che non conosco, in stanze mai viste, in compagnia di visi mai conosciuti (eccetto uno), ma che so per certo fare parte della mia vita. Forse la mia memoria si è rovinata e ho un senso di falsa appartenenza? Sono impazzita?
All'improvviso mi sovviene una domanda, che non oso esprimere...
La risposta non tarda ad arrivare...
...dalla finestra, cori di bambini intonano una filastrocca:
"Morgana dei corvi e delle tempeste
la vecchia strega che guasta le feste"
(...)
(Questo non è un racconto. O meglio lo è, ma è il sogno che ho fatto stanotte... rimaneggiato, sicuramente: per dare spazio alla narrazione breve ho dovuto omettere la descrizione dettagliata dei luoghi come le stanze che ad un certo punto si mescolavano... ricordo che mentre ero abbracciata al piede del tavolo, stavo ancora nel bagno, ma non si sa come, c'era un pezzo di tavolo al suo interno... )
Si chiede perché indossa solo la parte sopra del pigiama... e le prude la testa. Una forte sensazione di disagio la pervade, ma lo guarda, come se fosse uno spettro, domandandosi perché lui si trovi a casa sua (perché sei qui, che cosa ci fai qui, non dovresti essere qui).
C'è un tavolo molto lungo nella sala da pranzo, non ci sono finestre, tutto è illuminato da luce artificiale, i piatti sono tanti, disordinati, sporchi. Ora la donna indossa tutto il pigiama, come soprabito una logora vestaglia e siede a capotavola: ci sono tre persone al lato sinistro del tavolo, volti completamente sconosciuti, ma lei sa di conoscerli... sa che sono suoi parenti. Lui siede al lato opposto del tavolo. "Cara, siamo passati a farti visita, vorremmo sapere come stai" dice uno degli sconosciuti parenti (perché siete qui, cosa ci fate qui, non dovreste essere qui). "Cara, vorremmo..." (basta) "sì, noi crediamo che..." (silenzio) "tu dovresti..." "Io dovrei? Voi NON dovreste trovarvi qui ora, siete un disturbo, non siete stati invitati, siete come estranei che si sono introdotti nella MIA casa, andate via, FUORI, SUBITO!!!"... la donna sembra in preda ad una crisi isterica, ansima, suda e sente crescere il disagio, la rabbia, la confusione e ancora si chiede perché mai indossa quel maledetto pigiama. E' sporco, anche la casa è sporca...
Piange. Chiude gli occhi, li riapre e si trova, coperta solo dalla vestaglia, sui gradini dell'ingresso, all'esterno della sua abitazione. Che non riconosce, ma sa essere casa sua. C'è molta gente su quei gradini (perché sono qui, cosa ci fanno qui, non dovrebbero essere qui)... la rabbia cresce ancora e trova sfogo in un urlo terribile che spaventa tutte le persone intorno " VIA, VIA DAI MIEI GRADINI, DALLA MIA CASA, DALLA MIA VITA!!!"... la donna sembra impazzita. L'uomo le si avvicina e le sussurra all'orecchio "è quello che hai voluto tu"... ad un tratto lei immagina sé stessa vecchia, molto vecchia, sola, in quella grande casa sporca e dei bambini che lanciano sassi sulle sue finestre, intonando strane filastrocche sulla sua miseria... e sulla sua solitudine. Come la signora vecchia dei ricordi di sua madre...
Chiude gli occhi per scacciare l'orrore. Li riapre. Ora è completamente nuda, nel bagno, e lui, nudo a sua volta, sta nella vasca da bagno, senz'acqua, sdraiato. "Vai via, vattene da...", ma prima che abbia il tempo di finire, si ritrovano abbracciati sul pavimento, un vecchio pavimento a scacchi bianchi e neri (è terribile questo pavimento), si baciano, mordendosi le labbra, divorandosi il viso e la pelle... si stringono... e lei vede la sua mano, con un grande orologio nero al polso che non riconosce, fare leva sul pavimento, per spingere il suo corpo contro al suo, per entrare dentro di lei... Nonostante lo desideri con tutta la sua carne, la sua mente si oppone e la costringe a spingerlo via... Lontana, in un angolo, livida di follia, vomita persino l'anima... lo guarda e gli chiede "perché sei qui?" ...
"E' per lei" " Per LEI?" " Sì, sai l'ultima" "L'ultima che?" " Sì, è nuova, non la conosci. All'inizio era un pò ribelle, ma ora è cambiata, tutte l'adorano, si è integrata bene nel gruppo, nel mio gruppo..."
Come colpita allo stomaco, nel suo sguardo non v'è più rabbia, né rancore, né orgoglio, né follia: appare la SUPPLICA. Abbracciata al piede del tavolo di quella sala senza finestre biascica "vattene via, ti prego, vattene, vattene, vattene..."
Indosso solo una logora vestaglia, sono seduta su quel pavimento a scacchi, che, non so perché, ora ospita una sorta di stanza per le pulizie. C'è una lavatrice davanti a me. E' grande. Credo di avere i capelli molto in disordine, il suo spettro se n'è andato (penso) e non oso guardarmi allo specchio. Probabilmente la mia espressione si avvicina molto a quella della Medusa di Caravaggio ed i capelli, pur non essendo serpenti, devono avere la stessa posa. Ne sono sicura. Non capisco perché mi sono così preoccupata di cose stupide come il pigiama e non ho badato al fatto che mi trovo in una casa che non conosco, in stanze mai viste, in compagnia di visi mai conosciuti (eccetto uno), ma che so per certo fare parte della mia vita. Forse la mia memoria si è rovinata e ho un senso di falsa appartenenza? Sono impazzita?
All'improvviso mi sovviene una domanda, che non oso esprimere...
La risposta non tarda ad arrivare...
...dalla finestra, cori di bambini intonano una filastrocca:
"Morgana dei corvi e delle tempeste
la vecchia strega che guasta le feste"
(...)
(Questo non è un racconto. O meglio lo è, ma è il sogno che ho fatto stanotte... rimaneggiato, sicuramente: per dare spazio alla narrazione breve ho dovuto omettere la descrizione dettagliata dei luoghi come le stanze che ad un certo punto si mescolavano... ricordo che mentre ero abbracciata al piede del tavolo, stavo ancora nel bagno, ma non si sa come, c'era un pezzo di tavolo al suo interno... )
venerdì 20 novembre 2009
domenica 15 novembre 2009
Sta nel La
"La verità sta nel mezzo" è una mezza verità. Una buona scusa per chi non si scusa mai. A volte sta proprio davanti agli occhi, così come il fatto che il fuoco brucia davvero se ci si mette la mano sopra. Ordunque le fette di salame, per quanto buone, non sono più ecosostenibili. Tornare ad essere vegetariani, sarebbe la via. Una? No, La.
( ed ora, canta)
( ed ora, canta)
mercoledì 11 novembre 2009
E comunque nel qualunque... dunque.
Oh rimesta mestolo
girandole di vento
sono lunghe le tue pale
ed i giorni persi nel sale
sarebbe da farci un inventario
per un ordine immaginario
che si perderebbe comunque
nel dolore del qualunque.
(rimestando e mestolando,
rimacciose rime ombrose...)
girandole di vento
sono lunghe le tue pale
ed i giorni persi nel sale
sarebbe da farci un inventario
per un ordine immaginario
che si perderebbe comunque
nel dolore del qualunque.
(rimestando e mestolando,
rimacciose rime ombrose...)
Senza zucchero, grazie
Con carezza di cartavetro
pruriginosa al distacco
la pelle giace assorta
sotto la polvere
reale pasto dell'acaro
che ha la pancia piena
(nel poi-mai)
le illusioni nascono
come scale disarmoniche
sottopelle
e ancor più
sopracuore
l'importante è strappar/sè/me/le
(lo?)
poi che importa se fa male
ora solo sono
una frattura
non composita
disequilibrica
mal ossequica
(vorrei essere un pò più alta)
pruriginosa al distacco
la pelle giace assorta
sotto la polvere
reale pasto dell'acaro
che ha la pancia piena
(nel poi-mai)
le illusioni nascono
come scale disarmoniche
sottopelle
e ancor più
sopracuore
l'importante è strappar/sè/me/le
(lo?)
poi che importa se fa male
ora solo sono
una frattura
non composita
disequilibrica
mal ossequica
(perchè la legge delle fisica elementare
non venne rispettata...)
(vorrei essere un pò più alta)
giovedì 5 novembre 2009
La signora ConseguEnza
La signora ConseguEnza
mi regalò una veste nera
da portare nell'Assenza...
ove non v' è più primavera.
mi regalò una veste nera
da portare nell'Assenza...
ove non v' è più primavera.
domenica 1 novembre 2009
In memoria di Alda...
Non avessi sperato in te
e nel fatto che non sei
un poeta di solo amore
tu che continui a dirmi
che verrai domani
e non capisci che per me
il domani e' gia' passato.
-------------------------------
Ti aspetto e ogni giorno mi spengo
poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no,
è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.
Alda Merini
(grazie, Alda)
e nel fatto che non sei
un poeta di solo amore
tu che continui a dirmi
che verrai domani
e non capisci che per me
il domani e' gia' passato.
-------------------------------
Ti aspetto e ogni giorno mi spengo
poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no,
è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.
Alda Merini
(grazie, Alda)
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